Stato presenta il conto alla famiglia Riina: chiesti due milioni di euro

Katya Maugeri

PALERMO – Quei ventiquattro anni al carcere duro sarebbero costati allo Stato circa 2 milioni di euro. Un conto salato  quello presentato ai familiari del boss mafioso Totò Riinadeceduto il 17 novembre 2017. 

A notificare la cartella esattoriale da pagare alla moglie del capo dei capi di Corleone, Ninetta Bagarella, è stata Riscossione Sicilia. “A noi sembra una boutade perché la legge esclude espressamente che il rimborso per le spese di mantenimento in carcere si estenda agli eredi del condannato. Perciò stiamo studiando bene la questione per vedere in che termini è”, ha commentato il legale dei Riina, l’avvocato Luca Cianferoni.

Il riferimento è all’articolo 189 del codice penale che, dopo aver disposto l’obbligo per il detenuto di rimborsare le spese sostenute dall’Erario dello Stato per il suo mantenimento in cella, esclude che l’obbligazione si estenda agli eredi: in questo caso moglie e figli del capomafia corleonese.

Totò Riina, arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 23 anni di latitanza, ha trascorso al 41 bis 24 anni. Ad attivare la procedura di recupero del credito sarebbe stato, attraverso il ministero della Giustizia, il carcere di Parma, ultimo istituto penitenziario in cui il capomafia è stato detenuto ed è morto. Per la prima volta in cella Riina entrò a 18 anni. Un “battesimo” criminale precoce e un’accusa grave: l’omicidio di un coetaneo, durante una rissa, per cui venne condannato a 12 anni. Nato a Corleone il 16 novembre del 1930 da un famiglia di contadini, fino ad allora aveva alle spalle solo qualche furto.

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