Stefano il laureato acese e la start up che col cannolo siciliano vuole conquistare il mondo

Stefano il laureato acese e la start up che col cannolo siciliano vuole conquistare il mondo

di Saro Faraci “il Professorista”

La settima puntata di #startupmystory in realtà è il secondo episodio di una storia già raccontata qualche mese da Martina Pumo su questa testata. Questa volta andiamo a capire come è nata la “storia dolce di start up” dall’idea originalissima di Stefano Massimino, 37 anni, cresciuto ad Acireale, laureato in Economia Aziendale a Catania, adesso stabilmente a Milano.

– Stefano Massimino, intanto si presenti velocemente.

«Ho frequentato gli scout, i gruppi cattolici, ho giocato a basket ed ho provato a suonare il sassofono. Poi mi sono laureato alla triennale in Economia Aziendale. Non ho proseguito gli studi perché avevo una eccessiva voglia di lavorare e di cercare la mia strada. Figlio di imprenditori, ho sempre avuto il pallino del lavoro, il desiderio di fare qualcosa di bello e gratificante per me, per le persone a me vicine e per quelle che con me collaborano. Prima del lavoro però ci sono la famiglia e gli amici. La prima esperienza in proprio l’ho fatta con una start up attiva nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Ho venduto la mia società quando ha raggiunto l’obiettivo per il quale era stata fondata. Ho lavorato anche per una Spa con sede in Veneto, per la quale gestivo l’attività di consulenza per circa 200 affiliati nel sud d’Italia»

– Ci dica la verità. Quando nel 2015 ad Expo conquistò qualche centinaio di migliaio di clienti con il dolce simbolo della sicilitudine, cioè il cannolo, immaginava che da lì a qualche anno avrebbe avuto così grande successo prima a Milano e poi a Roma?

«Il progetto di Expo è nato con l’obiettivo di realizzare la prima rete d’imprese siciliane operanti nel food di qualità sia in Italia sia all’estero. Ho iniziato selezionando su quattrocento aziende quelle che realmente potevano rispecchiare i parametri che mi ero dato. Ad Expo ho portato dodici aziende, con le quali collaboro ancora oggi. Non credevo che sarei rimasto a Milano e non credevo che avremmo intrapreso il percorso della pasticceria»

– Quando clienti ed avventori gustano i suoi prodotti, è la qualità, la bontà che apprezzano? Oppure anche ciò che evoca la produzione dolciaria nostrana, cioè l’esperienza di vivere la sicilitudine?

«I nostri principali clienti sono siciliani o grandi amanti della nostra terra. Per prima cosa conta la qualità, solo in questo modo possiamo far emergere l’esperienza di vivere la sicilianitudine, che rimane un elemento essenziale»

– Si ritiene imprenditore per vocazione, per passione, per necessità o cos’altro?

«Sicuramente a spingermi è la passione, da sempre, dal primo respiro. Ho provato a fare altro ma non credo faccia per me»

– Pur non essendo una start up innovativa, la sua attività imprenditoriale è assimilabile ad una start up. Come si chiama la società? E cosa fa?

«La società principale si chiama Impex srl, un nome inventato mentre con mio fratello e mia moglie andavamo dal notaio. Oggi è una società commerciale che gestisce punti vendita di pasticceria siciliana. Nasce più come una società di consulenza, nella logica della rete d’imprese. Ci riteniamo innovativi, perché abbiamo creato e semplificato processi di produzione, logistica e commerciali, che ci permettono di essere rapidamente replicabili ovunque nel mondo»

– Come le è venuto in mente di dedicare il brand Ammu alle produzioni tipiche dolciarie siciliane?

«Quando in Expo abbiamo capito il potenziale della pasticceria siciliana, abbiamo puntato a un prodotto e a un nome facilmente identificabili fuori dalla Sicilia e un domani oltre l’Italia. Il marchio Ammu è nato dalla collaborazione con un’agenzia di comunicazione di Catania. Inizialmente si chiamava “Inside Sicily”, che oggi è ancora il nome del nostro e.commerce e della nostra rete d’imprese»

– Quanti sono i punti vendita col marchio Ammu oggi? Ed è vero che prevede di espandersi all’estero, sempre evitando il ricorso al franchising e optando per la gestione diretta dei negozi?

«Ad oggi i punti sono 6: 4 a Milano e 2 a Roma. Il piano di espansione per l’estero è pronto, abbiamo fatto già diverse missioni conoscitive. Con mia moglie abbiamo dato priorità alla famiglia, oggi abbiamo tre figli piccoli. Appena sarà possibile daremo il via al progetto partendo prima dal nostro continente per poi puntare più in là. Credo che il franchising nel food non sia sempre vincente, c’è un alto rischio di non compatibilità della vision. Preferisco la gestione del punto vendita trovando delle ottime collaborazioni con gli investitori interessati»

– Chi la collabora più direttamente in questa attività imprenditoriale, mi riferisco a soci ed investitori? Quante persone oggi impiega Ammu?

«Ad oggi contiamo circa 35 collaboratori principalmente impiegati nell’attività diretta dei punti vendita. Il socio più importante è mia moglie Marzia. Prima di iniziare questa avventura esercitava l’attività di avvocato a Catania. Oggi contiamo sull’appoggio anche di piccoli investitori: clienti che si sono appassionati ad Ammu e ci poi hanno chiesto di collaborare. Siamo entusiasti della loro partecipazione, ci dimostra che stiamo seguendo la strada giusta, fatta di emozioni e di interessi trasversali»

– Immagino, non essendo start up innovativa, che non avete usufruito dei classici programmi di mentoring e supporto, ad esempio quelli di incubatori ed acceleratori. E dunque la fase di avvio della nuova attività imprenditoriale in che modo è stata supportata?

«Confermo, non abbiamo usufruito di nessun programma di supporto. Da sempre mi faccio consigliare da mio fratello Sebastiano, che è un commercialista e consulente d’impresa. Inoltre ci avvaliamo della consulenza della società Centocinquanta srl rappresentata dal Dott. Francesco Messina e dal Dott. Mauro Juvara. Gli studi in Economia Aziendale e le precedenti esperienze mi insegnano che l’attività di consulenza esterna è fondamentale per la crescita di un’azienda, soprattutto per superare la fase di start up»

– Le banche. Vi sono venute incontro oppure sono ancora lontane dal modo di pensare e agire delle start up?

« Devo essere sincero, lavorare a Milano ci permette di avere interlocutori più proattivi rispetto alle esigenze di una giovane azienda. Tra tutte le nostre attività, l’unica che non gestiamo più in Sicilia è proprio il rapporto con le banche»

– Qual è il criterio in base al quale inaugurate nuovi punti vendita? La location? Una zona particolarmente attrattiva per turisti e visitatori? Una zona invece del tutto nuova, su cui scommettere?

«La ricerca della giusta location è fondamentale. Quando abbiamo iniziato è stato molto complicato, abbiamo dovuto studiare la città, trovare il giusto punto di partenza. Oggi collaboriamo con le primarie società nazionali in campo immobiliare, ci facciamo consigliare molto. Ogni location ha la sua esclusività. Ho imparato che per ogni negozio si deve partire da zero, in termini di considerazioni commerciali, comunicazione e target. Tutte le volte che inauguriamo un nuovo punto vendita c’è un’intensa attività volta a garantire l’interesse dei futuri clienti. Lavoriamo molto bene con i turisti, tuttavia teniamo più in considerazione chi vive il quartiere, i residenti e gli uffici. Per noi il turista è una conseguenza. Puntiamo a diventare la pasticceria di riferimento per chi ama i prodotti siciliani»

– Siamo curiosi di sapere, trovandovi a Milano e Roma, come fate a garantire freschezza e genuinità a prodotti tipici dolciari che in Sicilia si realizzano quasi sempre nei laboratori, con la materia prima acquisita direttamente loco, dal produttore al consumatore?

«Quasi tutta la nostra materia prima viene dalla Sicilia. Ci sono delle belle realtà, piccole e medie, ben organizzate, che sanno gestire la commessa. Altri prodotti li realizziamo nei nostri laboratori, le torte e le granite in particolare. Abbiamo dei pasticceri molto validi. In più la nostra rete di rapporti ci permette di confrontarci con professionisti che ci consigliano e ci permettono di garantire la qualità del prodotto. Di base non proponiamo alla vendita prodotti che non permetterebbero di garantire la massima qualità»

– Da imprenditore quando deve reclutare qualcuno nel Vostro team, cosa cerca in particolare? Abilità artigianali nel realizzare un buon prodotto o capacità di comunicazione e vendita per veicolare meglio l’idea di sicilianità?

«All’inizio il mio team si componeva di ragazzi e ragazze siciliani con poca esperienza in campo di ristorazione, che si trovavano a Milano con altri obiettivi (studio o lavoro), ma con tanta voglia di rappresentare la propria isola. Crescendo ci siamo professionalizzati e abbiamo creato un team eterogeneo, che comunque sa raccontare la Sicilia. La capacità di comunicare e di trasmettere la sicilianitudine, infatti, rimane la peculiarità che tutti i nostri collaboratori devono avere. Io mi impegno affinché il gruppo possa esprimerla al meglio»

– Classica domanda che si fa ad uno startupper. Avete concorrenti nel Vostro mercato?

«La concorrenza non manca. Noi riusciamo a distinguerci perché oltre al prodotto studiamo tutte le leve necessarie, rendendo l’esperienza unica e raccontabile. Sono anche convinto che il mercato continuerà a crescere e a premiare chi punta alla qualità»

– Un consiglio che si sentirebbe di dare ad un aspirante imprenditore…

«Non fare l’imprenditore per soldi. Il guadagno non può rappresentare la corretta motivazione, soprattutto perché nei primi anni è molto dura. Bisogna essere disposti a fare più sacrifici di quelli preventivati»

– Ultima domanda. E’ andato via dalla Sicilia per necessità o per opportunità? In altri termini, analoga iniziativa avrebbe potuto avviarla anche nella nostra terra?

«Credo di aver avuto l’occasione di fare una cosa bellissima, quindi l’ho fatto per opportunità. Il nostro progetto probabilmente funzionerebbe molto bene anche in Sicilia, ma sono ambizioso e voglio andare oltre»

– Ultimissima domanda. Ha messo in conto che se Ammu dovesse crescere esponenzialmente, un domani potrebbe anche venderla a terzi? In quel caso, il sogno di Stefano Massimino si sarebbe esaurito?

«È ancora presto per pensare di vendere a terzi, soprattutto tutto il progetto Ammu. Voglio lavorare per la sua crescita, per una sua evoluzione, inglobando nuovi potenziali investitori che possano permetterci di farlo. In tutti i casi credo che il progetto si evolverà, come ha già fatto, permettendoci di avere nuovi sogni e nuovi orizzonti»

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