di Katya Maugeri
MESSINA – L’ottavo reparto dell’ex Opg di Barcellona Pozzo di Gotto continua a raccontare storie orribili, nonostante le numerose richieste per garantire sicurezza e migliorare le condizioni della struttura. Quell’ottavo reparto è ancora sinonimo di violenza e morte. Un nuovo suicidio in carcere. Un detenuto di soli vent’anni si è impiccato togliendosi la vita, all’interno della sua cella che secondo le prime ricostruzioni avrebbe utilizzato una camicia.
“È il sesto suicidio dal gennaio 2015 ad oggi – dichiara su tutte le furie Pino Apprendi, presidente Antigone Sicilia – tutti giovani il più piccolo 20 anni il più grande 42 anni. La situazione è davvero esplosiva. Con la chiusura dell’opg bisognava creare strutture alternative in grado di rispondere al crescente numero di detenuti con disturbi psichiatrici sopravvenuti anche durante la detenzione. Il numero dei suicidi è abnorme rispetto al numero dei detenuti nell’Istituto, 200 e rispetto al numero totale dei suicidi nelle 23 carceri siciliane e alla popolazione carceraria complessiva di circa 5450 detenuti.
L’ottavo reparto, salute mentale, di Barcellona Pozzo di Gotto su 200 ospita oltre 50 ristretti disturbati. La salute mentale di Messina non ha mai preso del tutto in carico questo reparto che manca del sostegno necessario: assenza di attività trattamentale e prestazioni specialistiche. Il personale della polizia penitenziaria è sottodimensionato e insufficiente per una struttura che presenta questi problemi. A giugno, un incendio causato da alcuni detenuti aveva costretto alcuni agenti a ricorrere alle cure ospedaliere per avere cercato di spegnere l’incendio. Lunedì 23 visiterò il carcere con una delegazione di Antigone”.
Sulla vicenda è intervenuto anche il coordinamento sindacale penitenziario, “Aumenta tristemente la lista di suicidi, un fenomeno sul quale esistono responsabilità ben precise – dichiara il segretario generale nazionale Domenico Mastrulli -, a nulla sono serviti gli appelli rivolti all’amministrazione penitenziaria e al ministero. In più occasioni il Co.S.P. ha denunciato la situazione di grave sovraffollamento carcerario a fronte di un organico sempre più ridotto. Costringere i poliziotti penitenziari a carichi di lavoro massacranti non consente di garantire la sicurezza all’interno dei penitenziari italiani. I suicidi si affiancano ad altre criticità, evasioni, aggressioni ad agenti. Purtroppo – conclude Mastrulli – abbiamo superato ogni limite, nelle carceri accade di tutto e nessuno ci ascolta”.
L’indignazione arriva anche dal segretario provinciale della Fp Cgil, Francesco Fucile: “Possiamo andare avanti così? Si contano vittime tra i detenuti e pure l’ulteriore aggressione e sempre nello stesso reparto a un nostro agente, siamo stanchi di promesse non mantenute su aumento di poliziotti e potenziamento della sicurezza, a Barcellona la questione è sanitaria e non solo penitenziaria, chiederemo l’intervento dell’assessorato regionale alla Salute perché la sicurezza è collegata alla salute mentale dei detenuti”.
Il senso di solitudine in carcere è paradossalmente estremo, amplificato dal silenzio e dalla monotonia dei giorni: un bollettino di morte che non diminuisce nonostante i numerosi appelli. La morte non può diventare sinonimo di libertà.