di Katya Maugeri
RAGUSA – Il teatro aiuta a riscoprire il desiderio di sperimentare forme diverse di comunicazione, stimolando la personalità, abbattendo resistenze e timori.
Tra le varie eccellenze siciliane, ritroviamo anche i Laboratori teatrali di Germano Martorana a Ragusa. Germano Martorana è un giovane attore che ha iniziato a fare teatro nel 2001 frequentando il Centro teatro studi di Ragusa, proseguendo con l’accademia Ribalta di Enzo Garinei a Roma e, successivamente, l’accademia Corrado Pani, di Claudio e Pino Insegno, ha vissuto per alcuni anni a Roma per poi rientrare a Ragusa. Ben presto ha intrapreso una collaborazione con “Officina creativa” di Modica, producendo quattro spettacoli andati in scena al Teatro Garibaldi con la direzione artistica di Andrea Tidona, ed in seguito ha creato un suo laboratorio teatrale. Negli anni nella bottega si sono studiate recitazione, improvvisazione, regia, scrittura creativa, Dizione, fonetica, canto, movimento scenico, clownerie, commedia dell’arte, trucco teatrale e cinematografico. Ogni anno la bottega offre sempre una novità come materia di studio, perché tutti devono provare a fare teatro.
Quanto è importante, nella nostra società distratta ed eccessivamente social, ritrovare il senso del teatro?
«Non mi sento di essere contro i social o addirittura quell’artista snob che dice i social hanno rovinato il teatro. I social se usati con criterio danno a noi piccole realtà la possibilità di far arrivare le nostre proposte a un pubblico più ampio. L’avvento dei social hanno in tutti noi limitato la soglia di attenzione, tutto è diventato più veloce, le serie tv, il cinema sono in un processo storico di evoluzione, anche lo stile recitativo si sta svecchiando e si sta rendendo più dinamico. Anche il teatro figlio di questi tempi si sta adeguando. Non si fanno quasi più spettacoli con diversi atti, si tende sempre a dare una proposta immediata in un tempo minimo. La bravura sta in noi nel dare una proposta intelligente e diversa, che stimoli il pubblico ad andare a teatro non solo per passare quell’ora e mezza ma regalare in quell’ora e mezza una favola,una storia, un qualcosa che sproni il pubblico a riflettere anche con il sorriso. Quando sei riuscito in quest’intento allora anche nel tuo piccolo sei riuscito a dare un senso al teatro un senso alla comunità che in quel momento si riunisce».
La bottega dell’attore, laboratori di “artigiani” che cercano di esprimere cosa?
«La bottega è il frutto di un sogno, la mia più bella storia d’amore verso il teatro, quell’amore che si racchiude in tutte quelle sfumature che un attore va incontrando nel suo percorso. Mi è sempre piaciuta la definizione di artigiani di atleti. Un regista ItaloArgentino Ruben Ricca con cui ho avuto il piacere di lavorare mi diceva sempre che “L’attore è un atleta dei sentimenti”. La base dell’espressione sta nel lavoro di artigianato che io e tutto lo staff di docenti della bottega andiamo a fare con i nostri allievi, cercando di imprimere in loro il rispetto e l’amore per quest’arte che come una mamma ti da prima uno schiaffo e poi due carezze».
In tanti cercano una via d’uscita, una soluzione per sfuggire dalla Sicilia, perché insoddisfatti, demoralizzati. E poi c’è chi, come te, decide di realizzare un progetto ambizioso…
«L’idea di ritornare nella mia terra e costruire la mia realtà è stato sempre il sogno che coltivavo da quando ero allievo all’accademia Ribalte di Enzo Garinei e all’accademia Corrado Pani di Claudio e Pino Insegno a Roma. Non mi sento di criticare chi sceglie di lavorare fuori dalla Sicilia è molto difficile anche lavorare fuori, le produzioni quelle serie scarseggiano le tournée sono diventate una rarità. Ogni realtà ti da dei privilegi e delle rinunce, la mia è stata una scelta di cuore come quella di molti miei colleghi che hanno deciso di tornare e costruire qui. Devo dire che cercare di andare avanti diventa sempre più difficile, in un paese in crisi la prima che ne paga le conseguenze purtroppo è la cultura e quindi la nostra lotta diventa sempre più difficile. Ma non abbiamo assolutamente voglia di mollare».
Durante i laboratori rivolti ai bambini, cosa si evince?
«I bambini per un attore sono un enorme punto di osservazione,i bambini hanno un alta capacità di concentrazione. Si isolano, creano dei personaggi e creano delle storie. Quindi per noi che facciamo questo mestiere sono fonte di tante ispirazioni. Loro da allievi naturalmente devono vedere il teatro come un grande gioco,ma ogni gioco ha le sue regole e vanno rispettate. I bambini che si approcciano al teatro lo fanno per mille dinamiche la timidezza o l’eccessiva iperattività, e in entrambi i casi il teatro è terapeutico. Poi loro sono il nostro futuro e fare innamorare un bambino del teatro è un passo vincente verso qualcosa che può cambiare. Il teatro è fratellanza, è gruppo, condivisione di spazi e idee».
La gente ha bisogno dell’arte, in tutte le sue sfaccettature. Quale reazioni percepisci dalle persone che scelgono di approcciarsi per la prima volta ai laboratori?
«La gente ha bisogno di esprimersi, tutti abbiamo bisogno di dire qualcosa, solo che a volte non troviamo il modo giusto per farlo, il teatro è un ottimo canale dove mettere tutto quello che teniamo nascosto come la nostra creatività ad esempio,che spesso tendiamo a soffocare per pudore. Quando inizio un percorso nuovo le prime reazioni sono di smarrimento, paura di fallire,paura di non essere all’altezza. Naturalmente non c’è l’dea di quello che sia recitare, e io dico sempre che quando una tela è bianca le pennellate di colore si vedono di più. Recitare vuol dire mettersi a nudo,mettere la propria anima a nudo,per questo il nostro lavoro è importante. Mi arrabbio quando tutto ciò viene sottovalutato da presunti addetti ai lavori. Noi abbiamo una grande responsabilità verso il teatro ma soprattutto verso chi si approccia al teatro. Farlo amare dev’essere il primo obbiettivo,lavorare con pazienza e in modo meticoloso dev’essere doveroso. Solo che a volte si perdono di vista alcuni punti fondamentali del mestiere. Un esempio che porto sempre ai miei allievi all’inizio del percorso è quello del Bambino che deve iniziare a camminare e inizialmente a paura,poi inizia ad appoggiarsi e poi prende sicurezza e inizia a correre. È un lavoro meraviglioso di scambio da ambedue le parti per questo lo amo. Per questo chi si accosta all’arte con il cuore dopo fatica a liberarsene».