Terme di Acireale, la facciata (degli edifici) è salva

Terme di Acireale, la facciata (degli edifici) è salva

di Saro Faraci

ACIREALE – Si torna a parlare, in piena estate, di Terme di Acireale. Ogni occasione è propizia per ridestare l’ambiente e accendere il dibattito con speranze ed illusioni. Qualche recente pubblica dichiarazione di parlamentari regionali  – Nicola D’Agostino prima e Angela Foti poi – e un articolo di stampa fanno sapere che sarebbe una buona idea quella di assegnare al Comune  di Acireale l’immobile di Pozzillo, l’ex stabilimento delle acque minerali. Ciò potrebbe avvenire a compensazione del consistente credito che – per Imu non pagata dal 2013 – l’amministrazione comunale vanta nei confronti della Terme di Acireale SpA, la società creata nel 2006 per gestire gli stabilimenti termali e i connessi compendi immobiliari, in primis gli alberghi.

Il gioco dei numeri favorisce questa ipotesi di cessione. Il valore periziato dell’immobile dall’Ispettorato tecnico regionale, 2 milioni e 900 mila euro, corrisponderebbe al credito vantato dal Comune di Acireale che così potrebbe iscrivere a bilancio questo sito di archeologia industriale, provando poi a capire cosa farne e come valorizzarlo nel contesto di una revisione del PRG, in un’ipotesi di rigenerazione urbana dell’intero borgo marinaro di Pozzillo. Qualcuno già sogna in grande.

Ipotesi suggestiva, è innegabile, non si sa quanto fattibile, perché non c’è alle spalle alcuno studio e un piano economico-finanziario diretti a capire quanto ci guadagnerebbe effettivamente il Comune di Acireale da questa operazione. Oppure se, invece come qualcuno pensa, la compensazione contabile sia solo di facciata per permettere ai tre liquidatori  – Francesco Petralia, Alessia Trombino e Antonino Oliva – di completare la complessa procedura di scioglimento della società regionale. Da quando questa è stata costituita, in quattordici anni ha già bruciato cinquanta milioni di euro fra insorgenza di debiti, svalutazione dei crediti e minor valore patrimoniale conseguente alle perdite d’esercizio.

All’orizzonte si profila la speranza di poter affidare presto ai privati la gestione degli stabilimenti termali, assecondando la “road map” fin qui predisposta dall’Assessorato regionale all’Economia. Anche in questo caso, però, sono necessari due documenti importanti. Il primo è il bando per la gara di affidamento ai privati, la cui stesura dovrà districarsi fra cavilli giuridici, opportunità di valorizzazione e rilancio degli immobili, vocazione turistica del territorio. Il secondo è il business plan, ovvero un piano economico-finanziario che sia più preciso di quello con cui i tre liquidatori hanno permesso nei mesi scorsi alla Regione Siciliana di avere in mano il pezzo di carta necessario per sbloccare per 9,2 milioni di euro l’operazione di riacquisto dell’ex albergo Excelsior Palace e del centro polifunzionale. Anche in quel caso era indispensabile far quadrare i conti e i liquidatori regionali si sono dimostrati diligenti e accondiscendenti rispetto alle condizioni allora poste dalla potentissima burocrazia regionale.

Tra ipotesi di cessione dello stabilimento ex Pozzillo e speranza di privatizzazione, l’unica cosa veramente sensata di cui si sta parlando in questi giorni è la possibile riapertura del Parco delle Terme di Santa Venera. Il Sindaco Stefano Alì ci sta lavorando concretamente, d’intesa con i liquidatori. Nelle more della privatizzazione, questo giardino inglese di fine Ottocento, che un tempo ospitava importanti manifestazioni culturali ed artistiche a livello nazionale, potrebbe essere restituito ai residenti, ai visitatori e ai turisti. Nel recente passato, quando era liquidatore l’avvocato Gianfranco Todaro, il Parco venne concesso in uso alle associazioni cittadine; la cerimonia di riapertura avvenne in pompa magna alla presenza dell’allora assessore regionale al Turismo Anthony Barbagallo, oggi segretario regionale del PD. Evidentemente tanto clamore mediatico fu considerato un atto di lesa maestà verso qualche potentato regionale e locale e il Parco, così come fu velocemente riaperto, venne altrettanto repentinamente chiuso dai burocrati palermitani, eccependo i soliti motivi giuridici di facciata che ben poco avevano a che fare con la sostanza dell’operazione. Che fu e rimane ancora di buon senso, perché immaginare che la gestione di alcuni siti in città, come il Parco di Santa Venera, possa avvenire in modo inclusivo è sempre una buona idea di democrazia partecipativa.

 

 

 

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