Toghe insanguinate da Cosa nostra

| Katya Maugeri |

Venne ucciso da un pestaggio mortale. Un omicidio per troppo tempo senza alcun colpevole. Ipotesi, dubbi, oggi una ipotesi concreta: l’omicidio dell’avvocato palermitano Enzo Fragalà sarebbe un delitto di mafia. Questa la tesi della Procura di Palermo, che ha chiesto e ottenuto l’arresto di sei persone: il boss del mandamento di Porta Nuova Francesco Arcuri, di Paolo Cocco e Francesco Castronovo, rispettivamente mandante ed esecutori dell’assassinio. Delitto programmato dai mafiosi del Borgo Vecchio Antonino Abate, Salvatore Ingrassia e dal boss di Resuttana, Antonio Siragusa.  L’avvocato Fragalà venne aggredito sette anni fa a colpi di mazza nei pressi del suo studio, morì dopo tre giorni di coma. Per molti anni, un delitto senza colpevoli, ma oggi una importante svolta: Fragalà sarebbe stato punito da Cosa nostra perché indirizzava i suoi clienti a collaborare con la giustizia, per questo chiamato dal boss “curnutu e sbirru“,  infatti per il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, “I mafiosi volevano dare un segnale a tutta l’avvocatura palermitana”.
Un caso che ricorda l’omicidio del penalista Serafino Famà, ucciso a Catania ventidue anni fa, anch’egli appena uscito dal suo studio, uomo fermamente convinto che la legalità si conquistasse nel quotidiano, assassinato dalla mafia per non essersi prestato a derogare al codice deontologico degli avvocati, benché pressato e minacciato da esponenti delle famiglie mafiose.
Gli omicidi irrisolti, spesso, hanno la stessa firma. Quella di Cosa nostra.

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