Trent'anni della legge 91/92: “Penalizza un milione e mezzo di nuovi italiani”

Trent'anni della legge 91/92: “Penalizza un milione e mezzo di nuovi italiani”

Il 5 febbraio la legge 91/1992 sull’acquisizione della cittadinanza italiana compie 30 anni. Per l’occasione il Centro Studi e Ricerche IDOS e la Rete che promuove la campagna “Dalla parte giusta della storia” presentano nuovi dati sul cambiamento demografico degli ultimi 30 anni e mostrano come la legge attuale penalizzi oltre 1,5 milioni di potenziali italiani.
Gli attivisti e le organizzazioni della rete promettono battaglia lanciando una serie di iniziative, che partiranno proprio il 5 febbraio con la challenge digitale #ècambiatoQUASItutto e l’invio di una memoria alla Commissione Affari Costituzionali e ai partiti per chiedere una nuova legge entro la fine della legislatura.

“Vogliamo che sia l’ultimo compleanno di questa legge ingiusta – dichiara Ada Ugo Abara, presidentessa di Arising Africans, una delle molte associazioni delle nuove generazioni che animano la rete -. Nelle settimane scorse, anche io, come la legge, ho compiuto 30 anni. Attorno a noi cambia tutto, tranne questa legge. Per questo abbiamo lanciato la challenge #ècambiatoQUASItutto con cui invitiamo tutte le persone a postare una propria foto del ‘92 e raccontare cosa è cambiato da allora. Non ci accontentiamo delle promesse di questi anni: dopo il naufragio del ddl Zan ci aspettiamo che gli esponenti politici come Brescia e Letta, che sostengono di avere a cuore la riforma, non perdano l’ultima occasione di fare avanzare i diritti sociali e civili in questa legislatura”.

I nuovi dati rilanciati da IDOS fotografano una situazione rispetto alla quale la legge appare totalmente anacronistica:

Il numero dei cittadini italiani naturalizzati che vivono nel Paese è in continua crescita: erano 286 mila al Censimento del 2001, oltre il doppio, 671 mila, a quello successivo (2011), e più di cinque volte tanti nel 2020, quando se ne sono contati oltre 1 milione e mezzo[1].

Se prima dell’ultimo decennio il numero di acquisizioni annuali era piuttosto contenuto (4.000 quelle registrate dal Ministero dell’Interno nel 1992, 12mila nel 2002 e 66mila nel 2012 quelle rilevate dall’Istat), dal 2013 il dato annuale si è sempre attestato sopra le 100mila unità, toccando il picco più alto nel 2016 (201.000).
Più di recente, dopo la flessione registrata nel 2017 (147mila) e 2018 (112.500), si è osservato un nuovo aumento nel 2019 (127 mila, +12,9%) e ancora nel 2020 (132mila, +3,8%), pur con i rallentamenti delle attività amministrative dovuti all’emergenza pandemica.

E oggi sarebbero potenzialmente oltre 860 mila gli stranieri residenti nel Paese ad aver diritto di accesso alla cittadinanza italiana se questa fosse estesa, con efficacia retroattiva, a tutti i nati sul territorio nazionale, nel 95% dei casi bambini e ragazzi con meno di 18 anni[2].

Un dato che non stupisce se si considera che, nelle scuole del Paese, ben 2 studenti stranieri su 3 (65,4%) sono nati in Italia (un’incidenza che sale al 74,6% nelle scuole primarie e all’81,9% in quelle dell’infanzia) e che nel periodo 2012-2020 le nascite di bambini stranieri in Italia sono state ben 630 mila (di cui quasi 60 mila nell’ultimo anno, rappresentando un settimo di tutti i nuovi nati, 14,8%).

“Soprattutto in una fase storica come quella attuale, in cui l’Italia ha un urgente bisogno di rilancio sociale, civile, economico e culturale – conclude Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS – è grave dover constatare che un ricco e fresco potenziale innovativo, come quello che saprebbero esprimere, anche in preziosa chiave transnazionale, le nuove generazioni, se solo venissero riconosciute nella pienezza dei loro diritti di cittadinanza, venga ancora mortificato e tenuto ai margini da una legge antiquata, nata già vecchia. Una legge che in ben 30 anni nessuna legislatura ha avuto la dignità e il coraggio di riformare, perseguendo un immobilismo politico tanto più colpevole quanto più non cessa di venire alimentato, per un verso, da vuoti schemi ideologici e, per altro verso, da pavidi opportunismi elettorali. E a farne le spese, oltre alle centinaia di migliaia di “italiani di fatto”, è l’intero sistema Paese”.

*Fanno parte della Rete per la riforma della cittadinanza: Afroveronesi, Arising Africans, Black Lives Matter Bologna, QuestaèRoma, Festival Divercity, Sonrisas Andinas, Collettivo Ujamaa, Rete degli studenti medi, Unione degli Studenti (UDS), Unione degli Universitari (UDU), Link, Rete della conoscenza, ActionAid Italia, Rete Saltamuri, Restiamo Umani Brescia, Volare e decine di attiviste e attivisti di nuove generazioni di tutta Italia

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