di Martina Pumo
Barcellona, solo il pensiero mi fa sorridere. Barcellona è sole, mare e una tempesta di colori. È forme uniche, strade affollate e vicoli stretti, monumenti bizzarri e palazzi liberty. Se penso a questa incredibile e colorata città, sento di sottofondo la canzone di Carl Brave, Franco 126 e Coez – Barcelloneta. Perché Barcellona è come questa canzone: leggera, senza pretese ma soprattutto imprevedibile. E così, con il suo spirito libertino, mi ha accolto Barcellona. Un sole tiepido riscaldava le strade mentre il caldo inverno inondava il mare gelido mentre i mercatini natalizi popolano tutta Barcelloneta. Eppure, devo ammetterlo: era la terza volta che Barcellona mi accoglieva tra i suoi quartieri e palazzi e come le volte precedenti si è confermata essere così, inaspettata. Niente com’era eppure nulla è cambiato. O forse sì.
Barcellona non ha vissuto giorni semplici, e la cronaca dei mesi scorsi lo conferma. Non è stato semplice vivere violenza e rivendicazione per una città che, prima di ogni altra cosa, si sente profondamente catalana. Una sensazione che si percepisce ovunque, soprattutto tra le strade. La prima lingua utilizzata? Il catalano. La prima traduzione presente sui cartelli? Il catalano. Sì, anche questo è il bello. Barcellona sa stupirti con la sua accoglienza e la sua integrità. Anche se, in alcuni luoghi prettamente turistici, i turisti non son ben accetti. Anche se, mentre passeggi per la città, tutti ti sorridono e sono pronti a darti una mano. In ogni bar, in ogni pub, in ogni ristorante trovi ragazzi provenienti da ogni dove perché in fondo Barcellona è una grande Babilonia, pronta a scoppiare e risplendere. Ed è per questo che la amo follemente nel suo essere contraddittoria e speciale. Amo l’arte che si respira in ogni calle. Amo l’essenza ed il carattere di ogni barrio.
Amo la sua cultura, sparsa qua e là per la città. La sua Sagrada Familia, il suo Colombo, il Bunker da cui poter vedere tutta la città. E ancora, il Park Guell, che con la sua follia di colori ammalia turisti e non solo. Le case di Gaudì, invece, sono la giusta occasione in cui la fantasia prende forma. Il Castello di Monjuic dall’altro del suo monte, guarda e controlla tutto, con la sua maestosità. Barcellona è una città che risorge attraverso le ferite, placa la violenza con la sua bellezza. I mesi scorsi hanno messo a dura prova una città, divisa tra il suo essere spagnola e catalana: una dualità che divide. Ma Barcellona è anche questo: spensieratezza e tradizioni, colori e profumi, lingue sconosciute e un intreccio di culture.
Una città ferita che lotta per i suoi diritti, un popolo che vuole pace, cercando di reprimere la violenza attraverso la sua natura, la musica, i balli, la sua semplice e poliedrica essenza.