Università bandita e codice di comportamento sommerso

Università bandita e codice di comportamento sommerso

CATANIA – I concorsi finiti nel mirino degli inquirenti riguardano l’assegnazione di 17 posti per professore ordinario, quattro per professore associato e sei per ricercatore. Un vero e proprio “codice di comportamento sommerso” operante in ambito universitario secondo il quale gli esiti dei concorsi devono essere predeterminati dai docenti interessati.

Le indagini hanno accertato come nessuno spazio doveva essere lasciato a selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo poteva essere presentato contro le decisioni degli organi statutari. Secondo quanto accertato, inoltre, le regole del codice avevano un un preciso apparato sanzionatorio e le violazioni erano punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico.

Tra gli indagati dell’operazione ‘Università bandita’ c’è anche rettore dell’Università di Catania Giacomo Pignataro, anche per lui è stata disposta la sospensione dal servizio.

Gli altri indagati sono il prorettore Giancarlo Magnano di San Lio; l’ex direttore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Giuseppe Barone; il direttore del Dipartimento di Economia e Impresa Michela Maria Bernadetta Cavallaro; il direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche Filippo Drago; il direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica Giovanni Gallo; il direttore del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali Carmelo Giovanni Monaco; il direttore del Dipartimento di Giurisprudenza Roberto Pennisi; il presidente del coordinamento della Facoltà di Medicina Giuseppe Sessa.

Ed anche l’ex procuratore di Catania, Vincenzo D’Agata, tra gli indagati dell’inchiesta. L’ex magistrato, si sarebbe interessato per il ruolo di ordinario nel settore Anatomia del dipartimento di Scienze biomediche per la figlia Velia. La candidata avrebbe avuto più incontri per il concorso in università, e “in un’occasione accompagnata dal padre Vincenzo D’Agata, già procuratore della Repubblica di Catania.

Il procuratore Zuccaro ha definito questo sistema “squallido perché le persone che vengono proposte non sono le più meritevoli per aggiudicarsi il titolo. Quando qualcuno ha il coraggio di proporsi come candidato per questo posto, nonostante il capo del dipartimento abbia deciso che non sia venuto il suo momento, queste persone vengono fatte oggetto di critiche pesanti, addirittura di ritorsioni da parte dello stesso capo del dipartimento”. Il procuratore di Catania, ha poi, aggiunto: “Questi sono sistemi criminali e anche i sistemi criminali organizzati non mafiosi posso produrre effetti devastanti. I fatti sono estremamente gravi e certamente non fanno onore a persone che dovrebbero appartenere al mondo della cultura: cultura che non può soffrire l’adozione di sistemi clientelari e non basati sul merito per potersi perpetuare. Una cultura che si basa su questi sistemi è una cultura destinata a rimanere sterile e a perseguire più esigenze clientelari che non esigenze di progresso e di sviluppo della nostra società”.

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