Il vaccino e il mondo perso


 
Daniele Lo Porto

Lui ha quaranta anni, forse meno, portati male. Lei sembra molto più giovane. La bambina è magra, occhi vivacissimi. Lui è vestito in modo modesto, ma si nota che ha cercato di mettere insieme scarpe, pantaloni e maglietta decorosi, alla fine il risultato è molto creativo. Lei ha il vestito della domenica. La bimba un vestitino da pochi euro, ma pulito e stirato, sembra un cirneco dell’Etna attaccato alla catena: soffre a stare quasi immobile sulla sedia che quasi vibra per la tensione che emana. Parla solo lui, domande semplici, di tanto in tanto guarda lei che risponde annuendo: sembra che si facciano coraggio l’un con l’altro. Hanno chiesto un appuntamento con la direttrice perché questa storia dei vaccini non li convince e sono spaventati. la direttrice risponde con gentilezza, calma, con concetti elementari facilmente comprensibili e aspetta un segno di assenso dopo ogni frase. Lui a volte sembra concentrarsi, lo sguardo si incupisce e cerca affannosamente parole diverse per poi porre, alla fine, la stessa domanda in modo diverso. Non è bello dire che non ha capito la risposta, non può ammetterlo davanti a moglie e figlia.

Chiarimenti che sarebbe facile esporre in pochi minuti richiedono quasi mezz’ora, ma la direttrice non manifesta impazienza, nervosismo, stanchezza anche se il suo sorriso rassicurante a poco a poco perde la spontaneità, ma n mano che si susseguono chiamate sul telefono  fisso e sul cellulare, che si prolunga eil via vai di collaboratori che portano documenti, chiedono consigli, sollecitano disposizioni.

Dopo mezz’ora abbondante lui si lascia andare ad un respiro profondo di liberazione: è soddisfatto, la moglie più serena, le mani in grembo adesso sono distese dopo aver sciolto le dita che sembravano aggrovigliate tra loro, la bambina sembra adesso una pentola a pressione pronta ad esplodere, con i pensieri ha messo sottosopra tutta la stanza.

Lui si alza, si aggiusta i pantaloni un po’ troppo larghi, con un gesto plateale tende la mano rigida alla direttrice. “Dottoressa, grazzie, grazzie veramente: finalmente capii tuttu. Lei è stata eccezzionale. Finalmente una persona disponibbile. Io niscii ddo carcere dui jonna fa e attruvai un munnu pesso, manco se m’ava fatto l’ergastolo…Cosi di pazzi”.

 

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