Violenza sulle donne, insopportabile vergogna

 
 | Salvo Reitano |

Sono stato in dubbio fino all’ultimo. A sciogliere ogni riserva la lettura di una nota del collega e amico Paolo Licciardello a margine della “Camminata della solidarietà” contro la violenza sulle donne e sui bambini organizzata da Sara Pappalardo, sempre attenta alle problematiche sociali, con il supporto dei comuni di Aci Bonaccorsi, Aci S. Antonio e Viagrande. Si chiede Licciardello: “Come è possibile che su una popolazione di circa 20 mila abitanti (a tanto assommano gli abitanti dei tre Comuni), erano presenti solo un centinaio di persone? (se guardate bene le foto potete contare i partecipanti), cioè solo lo 0,5 per mille? La poca partecipazione è derivata solo dal maltempo? E’ stata scelta come piazza finale quella di Lavina a seguito dei noti fatti di cronaca venuti alla luce qualche mese fa.  Ma dove sono gli oltre cinquemila aderenti all’associazione di Lavina che hanno immediatamente preso le distanze dagli incresciosi e deplorevoli fatti scoperti dalla magistratura?”.
E continua: “ Forse lo striscione allestito dai rappresentanti del Comune di Viagrande è molto più eloquente di quel che a prima vista sembra, ”Il silenzio uccide”. Indubbiamente consensi unanimi a chi ha partecipato, sfidando il maltempo, ma “il silenzio” degli altri continua ad uccidere”. O forse la gente non crede più a manifestazioni del genere? “.
Licciardello conclude riportando il commento di un partecipante alla manifestazione che suona come un atto d’accusa senza appello: “Mi permetto di aggiungere un altro particolare riguardo la manifestazione contro la violenza di ieri pomeriggio. Al nostro arrivo a Lavina la piazzetta era deserta, come non lo è di solito, e le porte della Chiesa erano e sono rimaste chiuse…come la gente!”. Quest’ultima frase è come un colpo di maglio alle nostre coscienze.
Così alla luce di queste considerazioni, più o meno condivisibili, mi sento di fare un ragionamento che potrebbe far storcere il naso a qualcuno ma che, pensandoci su,  potrebbe porre le basi per affrontare il problema in modo diverso.
Leggo nei sondaggi che la violenza contro le donne e i bambini non è l’argomento ai primi posti nelle preoccupazioni degli italiani, nonostante di settimana in settimana si contino sulle dita delle mani, dita che, ahimè,  vengono a mancare per contare le donne stuprate o assassinate, le bambine violate, i bambini “oggetto” delle attenzioni degli orchi e da quelli che credono di essere i loro padroni.
Tutto questo mentre la società civile, nella pubblicità istituzionale e in isolate iniziative civiche, comincia a riconoscere, seppure con grande fatica, che questa violenza inaudita e reiterata sulle donne e sui bambini è un problema degli uomini e che solo gli uomini possono risolverlo.
Dalla Val D’Aosta alla punta più estrema della Sicilia, però, raramente giungono notizie di manifestazioni di uomini contro la violenza.
Orrore, esecrazione, disgusto. A che servono le solite parole se non ci assale un lungo brivido di paura, una nausea atroce al solo pensiero di quanto accade con sempre maggiore frequenza?
Convinciamoci che non è più una faccenda altrui, buona per quattro chiacchiere al bar, e dopo non ci si pensa più. Nessuno può dirsene estraneo. L’ombra del male scivola intorno a ciascuno di noi e ci potrebbe toccare.
Fino a oggi sono state le donne ad organizzarsi e scendere in piazza per protestare contro i continui maltrattamenti subiti per mano di mariti e compagni che, accanto a tantissimi casi che si prefigurano come una fredda e deliberata tortura, non indietreggiano davanti all’assassinio, lo strangolamento, le coltellate, l’acido, il fuoco.
La violenza, da sempre esercitata sulla donna ha trovato, nel lager in cui si è trasformata la casa,  lo spazio per eccellenza per l’umiliazione quotidiana, per il pestaggio abituale, per la crudeltà psicologica come strumento di dominio. E  un problema delle donne, si continua a dire, ma non è vero. E’ una falsità, la più grande delle falsità, perché il problema è degli uomini, del loro maledetto egoismo, di quel morboso sentimento di possesso, della vigliaccheria malvagia, di quella miserabile e cialtronesca codardia che li autorizza a usare la forza contro un essere fisicamente più debole e a cui si è ridotta la capacità di resistenza psicologica. E’ di alcuni giorni fa la notizia che.  rispettando le consuete regole dei più grandi, un gruppo di adolescenti, tutti minorenni, hanno violentato a turno una ragazzina loro coetanea e psichicamente minorata, forse pensando di aver diritto al crimine e alla violenza, perché più “forti”, più “sani”e più “bravi”. Il diritto, malato, di usare ciò che consideravano di loro proprietà. Questo nuovo atto di violenza, più gli altri che si sono verificati  in tutta Italia negli ultimi mesi, vittime anche donne straniere, non solo per mano di stranieri, avrebbero dovuto far scendere in strada gli uomini. Magari decine di migliaia di uomini.  Soltanto uomini, nient’altro che uomini. Tutti per le vie delle città, mentre le donne, ai lati delle strade, avrebbero lanciato al cielo palloncini colorati facendo girare al vento le loro girandole multicolori.
E’ il momento di passare dalle passeggiate ai fatti. Questo è il segnale di cui la società ha bisogno per combattere, dal proprio interno e senza indugio, questa vergogna insopportabile.
Il violento, da solo o in branco, potrebbe essere quell’ombra che scompare dietro l’angolo della nostra strada, potrebbe essere quello sconosciuto che fissa senza apparenti ragioni nostra figlia. Un giorno o l’altro chi può escludere che all’improvviso non si affacci anche alla nostra porta. Non si può mai giurare. Il violento, l’orco, il malvagio, gira invisibile covando il male e non sarà mai stanco.
E allora non ci resta che scovarlo. Fargli mancare l’aria. Incalzarlo oltre i confini estremi delle nostre città, respingerlo fino alle lontane foreste del buio da dove era fuggito. Non è un’utopia e nemmeno un sogno. Deve essere, invece, un impegno civile.

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