Intimidazione a Gaetano Scariolo: "Il sostegno della mia città e del giornalismo sano, l'orgoglio di una società civile"

Intimidazione a Gaetano Scariolo: "Il sostegno della mia città e del giornalismo sano, l'orgoglio di una società civile"

di Katya Maugeri

La violenza che colpisce i giornalisti in Italia è inaudita, la libertà di stampa andrebbe difesa ogni giorno, ma sembra quasi un’utopia. L’ultimo caso è quello di Gaetano Scariolo, a Siracusa. Cronista di nera e giudiziaria, collaboratore del Giornale di Sicilia e dell’agenzia di stampa Agi al quale, nei giorni scorsi, è stata bruciata l’auto. Era parcheggiata vicino alla sua abitazione e poco dopo la mezzanotte è stata data alle fiamme.
“Sono scosso, è inevitabile. Ma ho anche altri sentimenti. L’affetto della mia città, dei miei colleghi, questo sostegno mi dà forza mi dà la possibilità di continuare. Io ho lavorato dopo poche ore l’intimidazione, mi sono sentito protetto, sicuro”. Perché la mafia non ha mai smesso di lasciare i suoi messaggi, non è silente. “No, non lo è – continua Scariolo – ma agisce in modo diverso: prima ti mandava bigliettini, avvertimenti tramite altre persone. Oggi, l’avvertimento è diretto: l’auto incendiata, lo scooter o la moto in fiamme, è il loro nuovo modo di comunicare. Ti comunicano che conoscono dove abiti, ti seguono, conoscono le tue abitudini, ti toglie il “mezzo di trasporto”, non è umanizzare un’auto, ma è come se ti impedissero di poterti recare a lavorare”. La disinformazione e la velocità con la quale la gente legge le notizie non permette loro di approfondire il caso, ma “l’unico modo per disinnescare la disinformazione è avere solidarietà in primis nella nostra categoria. In questi giorni è come se si fosse creato un cordone di sicurezza, mediatico ma che dà forza e sostegno. Da parte dell’intera città, io che sono solito pensare che c’è una criminalità diffusa – e c’è – dall’altra parte questo sostegno mi svela un’altra parte della mia città: un giornalismo sano, una città sana ed è su questo che bisogna puntare, come società civile”. Ieri mattina infatti a Siracusa si è svolto un sit di solidarietà, organizzato dall’associazione siciliana della stampa, nel quale erano presenti giornalisti giunti da tutta la regione per dimostrare la loro solidarietà al collega.

Quanto accade ai giornalisti che raccontano realtà scomode, suggerisce una profonda riflessione.

La mafia non ha mai smesso di agire, ma c’è anche una parte di città che ancora è sana ed è lì che serve investire, sui rapporti umani, sulla gente che scende in piazza e si ribella a questi atti intimidatori, dimostrando che non ha paura ma fiducia nei confronti di quei professionisti che amano il proprio lavoro, che non si spezzano davanti alle minacce, e che continuano a raccontarla la mafia, i suoi legami illeciti e sporchi affari. “Se ci sarà sempre questo cordone unito saranno sempre meno le intimidazioni. Io ho dei sospetti su quanto accaduto, ho dato delle indicazioni agli investigatori:  un conto è lavorare su una platea di ipotesi, un conto è dare l’opportunità di circoscrivere le indagini su una porzione della tua vita, quindi denunciare è importantissimo. La rivoluzione parte da noi stessi, fatta di dialogo, trasparenza, senza questi elementi è difficile trovare un filo conduttore capace di consentire alle forze dell’ordine di individuare i colpevoli”. Per fare realmente un salto importante in avanti serve abbandonare la cattiva abitudine di non ascoltare, l’incapacità di dialogare e aprire la mente a una collaborazione attiva nel territorio Ma quanto, del fenomeno mafia si discute realmente nei social, quanta attenzione i giovani rivolgono a una realtà così radicata?  “I social tendono a una sintesi brutale di un fenomeno – continua Scariolo – un fenomeno non è semplice, non ha una sua linearità e la mafia non è lineare. Ha mille sfaccettature è complessa come la vita. Sintetizzarla è complicato”.

Questo atteggiamento, chiaramente appare come un fallimento della nostra generazione, di noi genitori che lasciamo i nostri figli soli nel mondo dei social senza un intervento chiaro e diretto di responsabilità. “I ragazzi sono lasciati a se stessi, e non avendo gli strumenti culturali  e intellettuali adatti, si scontrano con delle trappole inevitabili per chi non ha strumenti di critica e non può discernere il bene dal male”.
Fake news, disinformazione e libertà di stampa minacciata, sfaccettature di una società alla quale servirebbe una rieducazione.

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