Anoressia: l’inferno e la rinascita di Anna. Da zombie a donna coraggiosa

Anoressia: l’inferno e la rinascita di Anna. Da zombie a donna coraggiosa

di Katya Maugeri

«L’anoressia si è portata via la mia adolescenza. La parte più spensierata e i miei sogni». La storia di Anna Latino, di origine siciliana ma veneta di Conegliano, impiegata di un istituto bancario è piena di sofferenza e solitudine. Un tunnel lunghissimo che ha attraversato – vacillando – in punta di piedi.

A 17 anni i primi sintomi. «Passai due anni a mangiare una scatola di piselli al giorno di cui ricordo ancora le calorie, 80 x 100 grammi. Li mangiavo direttamente con le mani e persi via via la conoscenza dell’uso delle posate. Avevo le mani consumate dal calore». I piselli, mi spiega Anna, sono sferici e ricordano l’ideale di perfezione tanto amato dalle anoressiche.

«Da lì a poco cominciai a perdere peso vertiginosamente e mentre il viso si riempiva di piccola peluria, contro l’ipotermia, mentre i capelli cadevano, i muscoli si smagrivano tanto fino a consumarsi visibilmente. A 20 anni pesavo 28 chili ed ero praticamente uno zombie».

L’anoressia è una forte richiesta di aiuto e di amore. Quello che non si riesce a comunicare con le parole si cerca di esprime con il corpo. «Ci si affama, ma si ha fame di un d’amore incredibile».

Il suo triste e complicato percorso inizia dalla sua infanzia complessa e dal rapporto conflittuale con un padre distante e severo. Si commuove Anna quando racconta di quella ragazza zombie che rinunciava chiaramente alle feste con le amiche. Evitava ogni relazione sociale e desiderava solo che il suo corpo fosse trasparente, per non essere oggetto di desiderio carnale, per sentirsi svuotata da tutto. Un urlo disperato di aiuto, incapace di emettere i suoni giusti.

Un estremo bisogno d’amore, paradossale, una fame d’amore viscerale. Bisognerebbe andare oltre lo stereotipo diffuso che l’anoressia sia solo legata al desiderio di un corpo perfetto. Non è così.

I disturbi alimentari non sono solo legati a una immagine perfetta da raggiungere, c’è molto di più. Le ragioni sono sommerse e parlano attraverso un corpo che perde ogni giorno parte della sua consistenza, fino ad arrivare all’osso. Perdendo la percezione di se stessi, della propria anima.

La storia di Anna racconta quel dolore impronunciabile che solo il corpo riesce a far emergere e vuole essere un esempio per tutte le ragazze che silenziosamente affrontano questo disturbo, «un messaggio di forza per riconquistare non solo la propria identità, ma soprattutto la dignità di una donna. È stato un percorso doloroso, un incubo dal quale sono uscita grazie all’aiuto dei medici, un anno di ricovero che mi ha ridato la percezione e la dimensione della mia persona. Mi sono confrontata con ragazze che avevano le mie stesse ossessioni per le calorie, per il cibo, le mie stesse paure e lo stesso sogno: rinascere».

Anna adesso è mamma di Eleonora ed ha riscoperto tante passioni, come la fotografia e l’equitazione. «Sto organizzando una mostra fotografica, saranno scatti che mostrano un corpo – mai volgare – ma pieno di vita. Un corpo che può reagire alle violenze della storia».

Dalle storie dolorose emerge il coraggio e una nuova strada da percorrere, cercando di allontanare la sofferenza e il malessere cronico nonostante ciò che resta addosso. «L’anoressia mi ha lasciato delle cicatrici che io amo definire i segni dei leoni con cui ho combattuto. Storie con uomini forti che mi hanno lasciato il segno».

I disturbi del comportamento alimentare sono in attuale diffusione rappresentando una epidemia sociale acuta, durante l’emergenza sanitaria da Covid sono aumentati addirittura del 30%, così come purtroppo della stessa percentuale è aumentato il tasso di mortalità, ha comunicato nei mesi scorsi il direttore del Centro disturbi del comportamento alimentare di Todi, Laura Dalla Ragione.

Disturbi come anoressia nervosa, bulimia e binge eating disorder in Italia, colpiscono circa 3 milioni di persone, di cui il 70% sono soggetti adolescenti e in maggioranza di sesso femminile. L’anoressia è una malattia, è la fustigazione del corpo, una scelta decisa e non facile, piena di privazioni e di buio intorno.

Quello di Anna è un messaggio di coraggio e speranza per le nuove generazioni che non accettano la loro fisicità e si lasciano andare, una testimonianza preziosa per coloro che non vogliono ammettere la gravità di un disturbo che porta alla morte.

«Un girone dantesco dal quale sono uscita quando ho compreso la gravità della malattia, affidarsi a delle persone competenti è la vera salvezza. Ho ripreso in mano, dopo lunghi anni, la mia vita, la mente e il mio corpo. Il mio desiderio adesso è diffondere la mia testimonianza affinché possa diventare un valido esempio per chi dall’anoressia non riesce ancora ad uscirne».

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