Quando un fegato nuovo restituisce la vita e la speranza. La storia di Felice

Quando un fegato nuovo restituisce la vita e la speranza. La storia di Felice

Luigia Carapezza
Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, Esperto in Psico – Oncologia

Questa è una storia che merita di essere raccontata fosse solo perché ce lo chiede il protagonista: Felice Lo Votrico. Il signor Felice ha 67 anni, una moglie, due figli, vive a Nicosia (in provincia di Enna) e la scorsa primavera ha ricevuto in dono un fegato funzionante in sostituzione del suo, da tempo compromesso. Un respiro profondo durato tre secondi ci riporta indietro nel tempo quando nel 2015 a causa di un’angina instabile veniva ricoverato presso l’Utic del presidio ospedaliero “S.Elia” di Caltanissetta dove sarebbe stato soccorso con un intervento di Angioplastica Coronarica Percutanea Transluminale (PTCA). 

“Quando ho avuto l’angina al cuore mi hanno messo uno stent e dalle analisi è risultato che avevo livelli elevati di Gamma GT. Era l’inizio del mio calvario.”

Lo stato di salute del signor Lo Votrico si sarebbe complicato in seguito quando alla condizione di epatopatia cronica non correlata all’abuso di bevande alcoliche si sarebbe aggiunta la diagnosi di epatocarcinoma (il più frequente tumore primitivo del fegato). Era il 2018 e Felice faceva il primo accesso presso l’U.O.S.D. di epatologia dell’ARNAS Garibaldi di Nesima. 

“Dottoressa, il male ha cominciato a dare i suoi frutti, con le varici esofagee, perdevo sangue dalle feci. L’emoglobina era bassa. Sembravo un morto che camminava. Ma quando sono arrivato in reparto ho trovato un angelo: la dottoressa Caterina Cocuzza. Lei mi diceva com’era la situazione, mi spiegava che avevo un fegato cirrotico e un tumore. Poi mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: signor Lo Votrico questa battaglia noi la dobbiamo vincere! Mi sono commosso sentendo dire certe cose e non dimenticherò mai quando mi ha abbracciato: la dobbiamo vincere questa battaglia, ha capito?” E ci tiene a ricordare tutta l’equipe di cui è responsabile il dottore Maurizio Russello, tra gli altri, il dottore Roberto Faulisi. A quel punto il signor Lo Votrico veniva arruolato per work-up preliminare a inserimento in lista trapianto di fegato presso l’Istituto mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione di Palermo; sì perché anche un paziente col tumore al fegato può riceverne uno nuovo a patto che soddisfi specifici criteri di inclusione, tra i quali che non abbia metastasi. 

“E comincia l’odissea a Palermo ma nel frattempo al Garibaldi mi facevano la chemioembolizzazione. Due sedute fatte dall’equipe del dottore Vincenzo Magnano San Lio (direttore di struttura complessa di radiologia diagnostica e interventistica). Ricordo il dottore che mi diceva di non preoccuparmi, che sarebbe andato tutto bene. Mi trasmetteva calma, era gentile. A novembre 2018 sono stato messo in lista trapianti e incominciano le chiamate di notte, sempre di notte. Con i medici e con gli infermieri, c’è stato un rapporto bellissimo. Una cosa la deve sottolineare, l’Ismett è un centro dove ti fanno sentire a tuo agio, c’è professionalità, cordialità e l’organizzazione è  perfetta.”

Gli domando con che stato d’animo affrontava i viaggi verso l’Ismett. 

“Dottoressa, non ne parliamo. La fede. La fede è importante, io partivo con mio figlio e me la facevo sempre pregando, cercando di appoggiarmi al signore che sicuramente mi ha aiutato tanto. Sono stato contattato sette volte. Mi ricordo di una delle tante in cui mi hanno preparato ma è arrivata una signora che stava morendo e l’hanno dato a lei ed è giusto dare vita a chi ne ha più bisogno. Me ne sono andato tranquillo perché quel fegato anche se poteva risolvere i miei problemi serviva per la causa di una persona che aveva più bisogno di me. Nel frattempo dell’attesa io stavo male. Erano di più i pensieri che mi disturbavano, non sapevo a che cosa andavo incontro; vivevo tra casa chiesa e mia moglie che…”

Questa volta il respiro non è profondo, non dura tre secondi ma si interrompe quando mi confida che anche sua moglie nello stesso periodo ha ricevuto una diagnosi di tumore. “Mia moglie è una santa – questo lo scriva, dottoressa – è lei che mi dava aiuto, insieme ai miei figli. Mia moglie è una santa e nonostante i suoi malesseri non perde mai la fede, è una donna predisposta per il bene.” 

Il 4 aprile 2019, il signor Felice viene sottoposto al trapianto e mi racconta gioie e dolori. 

“Ero felice perché finalmente è andata a buon fine ma sono stati giorni difficili. E purtroppo nel mezzo c’era il fatto di mia moglie. Dottoressa, non le dico che non lo accetto perché sono un credente però tante volte lo chiedo al Signore: “perché?”. So che non è colpa sua, che tutto quello che ci succede non è perché lui ci manda le croci, i problemi, però vacillo.  Tante volte vacillo. E chiedo al Signore che non mi faccia vacillare che mi tenga la mano sopra la testa, perché la mia odissea non è ancora finita. Io lo so, ne sono consapevole.”

E alla fine ha il desiderio di condividere un messaggio: “Voglio lanciare un appello: non dobbiamo mai perdere la speranza. Né la fede. Un’altra cosa vorrei dire per il suo racconto, voglio ringraziare quell’angelo, quel donatore… so che aveva 67 anni ma non so chi sia, lo devo ringraziare con tutto il cuore e speriamo che possa riposare in pace e che sia vicino al Signore. Io ho pregato tantissimo per lui, perché donare – anche questo lo può scrivere – restituisce la vita, la gioia e non dobbiamo avere paura di donare gli organi e spero che le persone facciano un bel pensiero sulle donazioni degli organi. Si salvano vite umane e le persone tornano a vivere. Abbiamo finito?”

Abbiamo finito e prometto che avrò cura di questa storia e la consegnerò a quanti vorranno farne tesoro.

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