Totò Riina ritorna a Corleone


Katya Maugeri

CORLEONE – Il cimitero di Corleone è off limits per i giornalisti, solo un cordone di poliziotti e carabinieri a impedire qualsiasi tipo di contatto con i familiari. Totò Riina, morto venerdì scorso è ritornato a Corleone.
Niente funerali pubblici dunque: una breve benedizione del parroco del paese prima di essere tumulato. Ciò che prevede la Chiesa per un capomafia, come ha dichiarato la Conferenza episcopale italiana: “I funerali sono impensabili per un criminale che si è macchiato di delitti per i quali, come ha detto Papa Francesco c’è la scomunica”. Solo una preghiera, quindi, del cappellano, “e poi sarà Dio a incontrarlo, l’unico che potrà giudicare”, come afferma poco prima della benedizione.  La salma, era arrivata con il carro funebre poco dopo le 8 del mattino, dopo essere sbarcata al porto di Palermo dalla nave “Vincenzo Florio” proveniente da Napoli, successivamente diretta verso la sua Corleone: blindata.  Una Corleone divisa a metà, tra indignazione e rispetto nei confronti di chi – nei giorni scorsi da alcuni compaesani è stata definita “una brava persona” – infatti sorprende – o forse no – quel cartello con su scritto “Chiuso per ferie” che lascia spazio a varie interpretazioni, nel bar centrale, in quella piazza intitolata proprio ai giudici Falcone e a Borsellino, dove è esposto un quadro di Lucia Riina “per farle pubblicità perché siamo amici di famiglia” – come aveva detto il gestore. A dare l’ultimo saluto alla salma, la moglie Ninetta Bagarella e tre dei quattro figli, Lucia, Concetta, con i rispettivi coniugi e Salvo. Il primogenito, Giovanni, è ristretto in carcere, dove sta scontando la pena all’ergastolo.

Il corpo è stato tumulato vicino al gotha della mafia: Michele Navarra, Luciano Liggio, le ceneri di Bernardo Provenzano, ma sempre a breve distanza riposa Placido Rizzotto, sindacalista che la ferocia dei boss corleonesi l’ha pagata con la propria vita. In un piccolo cimitero in cui aleggia il mistero della tomba del sindacalista Bernardino Verro, ucciso nel 1915, in cui furono trovati due crani, uno dei quali con un buco, segno di un colpo di arma da fuoco. Apparterrebbe a Calogero Bagarella, cognato di Riina, ucciso nella strage di viale Lazio. Forse l’altro defunto potrebbe essere l’impresario di pompe funebri Francesco Coniglio, che conosceva i segreti del camposanto, ucciso nel 1976. A poca distanza la memoria di Bernardino Verro, anch’egli sindacalista e politico italiano nonché primo sindaco socialista di Corleone, assassinato dalla mafia, e il magistrato Cesare Terranova, il maresciallo di pubblica sicurezza Lenin Mancuso e la sua scorta, uccisi proprio da Cosa nostra.

A benedire la salma, Giuseppe Gentile, parroco della chiesa di Maria Santissima delle Grazie di Corleone competente per territorio e colui che celebrò le nozze di Lucia Riina

Si conclude così il lungo viaggio del capo dei capi.

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