Commercio, rifiuti, energia: le nuove attività economiche dei boss di Catania

Katya Maugeri

La realtà mafiosa cambia volto, evolve i propri interessi e si trasforma, pur mantenendo gli obiettivi di sempre: potere e denaro. I settori dove la mafia catanese investe di più sono quelli che conoscono ben poco la crisi, come la distribuzione alimentare, la gestione dei rifiuti e delle energie in generale.

“I clan mettono a frutto i proventi illeciti che provengono dallo smercio delle sostanze stupefacenti e tutte quelle attività criminali come le estorsioni, le rapine e l’usura in determinati settori che probabilmente risultano statisticamente essere più remunerativi” spiega il dirigente dell’Anticrimine della questura catanese, Ferdinando Buceti che ci ha raccontato quanto sia importante e affatto semplice contrastare questo fenomeno.

L’aggressione ai patrimoni di provenienza illecita, infatti, costituisce uno degli obiettivi fondamentali dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso, ecco perché non basta arrestare gli autori di reati associativi, facilmente sostituiti da altri membri dell’organizzazione, occorre colpirli nel loro aspetto patrimoniale, costituendo questo il movente e la ragione primaria dell’esistenza di forti sodalizi criminosi. 
“La nostra attività – continua Buceti – come Polizia di Stato, in quanto il questore ha per legge la prerogativa di proporre sequestri al tribunale,  cerca sia a livello di misura personale che patrimoniale di contrastare questo fenomeno a 360 gradi”.

L’imprenditoria mafiosa impedisce lo sviluppo di energie economiche legali

Un lavoro minuzioso realizzato attraverso una attività che tiene conto del lavoro investigativo effettuato dalla Squadra mobile, con la quale la divisione anticrimine ha creato un gruppo di lavoro – coordinato dallo stesso Buceti – il quale attinge da una parte in quelle che sono le attività investigative ormai cristallizzate poste in essere dalla Squadra mobile in un procedimento penale, estrapolando dalle attività investigativa il materiale che può tornare utile sotto profilo del contrasto al patrimonio illecito e lo utilizzato per produrre la proposta del questore per arrivare al sequestro prima e alla confisca dopo. L‘imprenditoria mafiosa, infatti, attraverso il controllo economico del territorio, impedisce lo sviluppo di energie economiche legali, fino ad influenzare negativamente l’intero sistema produttivo nazionale.

“Io vedo Catania per certi versi più spregiudicata rispetto ad altre realtà siciliane in cui ho lavorato – dichiara Buceti in merito all’approccio della criminalità catanese – i proventi delle attività illecite, ad esempio, vengono con maggior facilità impiegati in attività commerciali, a Palermo, invece, ho riscontrato investimenti nel settore della mafia agroalimentare, tutto chiaramente legato a un fattore geografico”.

I clan anelano quindi a quei settori dove evidentemente scarseggiano i momenti di crisi. È possibile assistere a un parziale  decremento nell’utilizzo di vestiario, di gioielli, perché un semplice calcolo di sopravvivenza non è possibile certo ridurre del tutto il settore alimentare. Così come è difficile ridurre la produzione di rifiuti, il rifiuto va smaltito e di conseguenza ha un costo e il costo chiaramente determina ricchezza anche per le organizzazioni criminali che investono su quel settore.

“La nostra, è una attività apparentemente semplice – continua Ferdinando Buceti – però richiede una spendita di energia intellettuale non indifferente: da una parte bisogna estrapolare gli indizi e il costrutto probatorio emerso attraverso l’attività di indagine operata in un contesto giudiziario ben definito, successivamente comprendere se il costrutto può essere effettivamente utilizzato ovvero se l’attività giudiziaria è conclusa, e verificare che tutte le prove siano sufficienti per determinarci nella misura patrimoniale e poi nel sequestro e alla confisca. Attingiamo, quindi, da intercettazioni telefoniche, ambientali, di relazioni di servizio che cristallizzano19 movimenti sul territorio di determinati soggetti, e ancora operazioni bancarie sospette, segnalazioni, indicazioni fornite dai vari collaboratori di giustizia, che nel nostro caso sono preziosi anche con un semplice l’indizio, “colorato” successivamente da altre indicazioni”.

Il patrimonio illecito, non sempre e riconducibile formalmente al soggetto che è stato o è etichettabile pericoloso socialmente

Non è facile ricostruire il puzzle, ecco perché è necessario un lavoro meticoloso, un lavoro di costruzione certosina, tanti aspetti – apparentemente sconnessi tra loro – da scoprire per poter individuare il patrimonio illecito, non sempre riconducibile formalmente al soggetto che è stato o è etichettabile pericoloso socialmente perché può chiaramente essere intestato a terzi, “noi infatti ricostruiamo la genesi del patrimonio – aggiunge Buceti – e i suoi movimenti. Del soggetto proposto facciamo un accertamento anagrafico, uno storico che racchiude l’intero nucleo familiare, persino i membri acquisiti. Ne controlliamo il movimento bancario e andiamo a cercare ogni cavillo poco chiaro”.
Nel caso di Roberto Vacante, esponente di rango apicale di Cosa nostra catanese, nipote del boss Benedetto Santapaola, mente imprenditoriale della famiglia e riciclatore del denaro illecitamente acquisito dall’organizzazione mafiosa, l’uomo forniva il proprio numero di cellulare per la locazione di immobili che risultavano intestati ad altri, o ancora, nella gestione di campi di calcetto affidata a dei soggetti che orbitano nello stesso clan di appartenenza.
“Dettagli non indifferenti – continua il dirigente dell’Anticrimine della Questura di Catania – analizzati e approfonditi per definire che un patrimonio è illecitamente costituito e riconducibile al soggetto pericoloso socialmente direttamente o indirettamente attraverso terzi interessati o intestatari”.

E intensificando il settore patrimoniale, inoltre, si è riscontrata la sistematicità da parte di soggetti dai colletti grigi e bianchi che fungono da padri di famiglia rispetto a quelle che sono le realtà imprenditoriali criminali . È chiaro: non sono spinti da un improvviso atto benefico, lo fanno perché hanno un tornaconto che può essere determinato da una remunerazione in parcelle o da un personale interesse per incrementare le attività affinché producano altre ricchezze.

“Una persona che non si intende di imprenditoria – conclude Buceti – non si può improvvisare imprenditore in pochissimi giorni – è ovvio che deve essere consigliato, guidato, introdotto, inserito nell’ambiente. Quindi va da sé che si avvalgano di persone che si prestano con dolo, con colpa, non sappiamo ancora del perché possano essere coinvolti. Attendiamo, magari emergerà qualcosa”.

Sono vari e consolidati i settori in cui Cosa nostra ha ormai scelto di evolversi, intensificando attività e denaro, tutelati da ruoli e da protezione, smantellati poi dal lavoro di chi lotta ogni giorno contro questo fenomeno.

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