I "furbetti del cartellino": affidarli alle famiglie dei disoccupati

Daniele Lo Porto

L’ultimo, ma solo in ordine di tempo, scandalo dei “furbetti del cartellino” riguarda il personale dell’assessorato alla Sanità della Regione siciliana: in 42 timbravano, o più semplicemente registravano la loro presenza tramite la rete informatica interna, entrata e uscita regolarmente, mentre erano, altrettanto regolarmente, a fare la spesa o svolgere altre attività personali che nulla avevano a che fare con il lavoro. Ritardi anche di tre ore rispetto al normale orario d’ingresso, pause caffè interminabili, uscite anticipate come e quando volevano. il presidente Nello Musumeci parlando con i cronisti ha dato l’immagine di poveri dirigenti e funzionari ghermiti dalle tentazioni dei “lobbisti” che cercherebbero di carpire informazioni e favori. Forse per questi i dipendenti regionali, 42 quelli accertati dalla Guardia di finanza, su 200 cercano di stare in ufficio il meno possibile: per evitare, forse, di cadere in tentazione o di essere vittima delle trappole dei vampiri-lobbisti. Ci sarebbero, dice Musumeci, e se ne scopre qualcuno lo butta fuori calciando alla Ronaldo. Fino ad ora, però, deve essere stato sfortunato: in oltre un anno di amministrazione non ne ha beccato neppure uno e così neanche l’assessore Ruggero Razza, che in assessorato trascorre giorno e notte.  “Le dichiarazioni di Musumeci sono assai gravi. Se il presidente della Regione è a conoscenza di notizie su presunti ‘lobbisti che stanno giornate intere negli assessorati e cercano di contattare il funzionario o il dirigente più debole, per farselo amico e avere notizie in anteprima’ informi l’autorità giudiziaria”, ha dichiarato la capogruppo del M5S all’Ars Valentina Zafarana.

Lo stesso Razza ha assicurato il pugno di ferro contro gli assenteisti, tutti speriamo, anche con il componente, esterno, del suo staff, che ben presto deve essersi adattato alle cattive abitudini. dei dipendenti. Almeno che non fosse fuori sede per qualche missione urgente. Vedremo cosa dirà agli investigatori. In una regione dove il tasso di disoccupazione è ancora altissimo, soprattutto tra i giovani, avere il posto sicuro e uno stipendio altrettanto certo e dignitoso e poi truffare con strisciate fasulle il proprio datore di lavoro, ma anche e soprattutto chi un lavoro lo vorrebbe e farebbe carte false per averlo, è semplicemente inaccettabile. Teoricamente alcuni di questi signori e signore rischiano il licenziamento, un provvedimento che, senza inopportuni pietismi, dovrebbe essere portato fino in fondo nei casi più gravi. Magari potrebbero essere condannati anche a una pena aggiuntiva, una sorta di legge del contrappasso: essere affidati, tramite i servizi sociali, a famiglie di disoccupati in modo tale da capire il dramma di chi non ha un lavoro nè uno stipendio e a queste famiglie andrebbe devoluto il corrispettivo della sanzione amministrativa o del  danno erariale, in modo tale da poter soddisfare le esigenze più importanti: le spese scolastiche per i figli o quelle sanitarie per i genitori a carico. Una punizione esemplare, forse, ben più concreta e utile della vergogna di leggere il proprio nome sui giornalisti ed essere etichettato come un “furbetto del cartellino”.

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