Messina, arrestati politici e imprenditori accusati di far parte di un sistema di favoritismi

MESSINA –  Tredici ordinanze di custodia cautelare eseguite dalla Dia di Messina: un arresto in carcere, dieci ai domiciliari e due misure interdittive emesse dal gip nei confronti di politici messinesi, esponenti della criminalità locale, imprenditori e faccendieri. Contestualmente sono stati sequestrati imprese e beni immobili per 35 milioni di euro. Si tratta imprenditori, funzionari comunali, costruttori e manager delle municipalizzate, un vero e proprio comitato d’affari che condizionava a fini privati l’attività del Comune.

‘Terzo livello’ è l’inchiesta coordinata dalla Procura di Messina diretta dal procuratore Maurizio de Lucia, che ha svelato l’esistenza di un comitato d’affari che per anni ha gestito la cosa pubblica nella città dello Stretto. L’operazione viene condotta dalla Dia di Messina insieme al centro operativo di Catania e ai centri e sezioni di Reggio Calabria, Palermo, Bari, Roma, Caltanissetta, Catanzaro e Agrigento.

Al centro c’è anche l’ex presidente del Consiglio comunale di Messina, Emilia Barrile. Prima nel centrosinistra, poi passata al centrodestra per transitare alla fine a una lista civica sua, quella de i Leali, Barrile è risultata la più votata alle ultime elezioni comunali dove ha preso 2.800 preferenze. La lista, però, non ha superato lo sbarramento del 5% e Barrile non è più tornata al Consiglio comunale. La donna, che è ai domiciliari, è accusata di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, atti contrari a doveri ufficio e violazione dei doveri di imparzialità nei confronti della pubblica amministrazione. Tra gli indagati anche l’imprenditore della grande distribuzione Antonio Fiorino.

Secondo gli inquirenti, utilizzando il potere che le derivava dal ruolo, e facendo pressioni su dirigenti e funzionari comunali, Barrile agevolava le pratiche degli imprenditori che a lei si rivolgevano: come Fiorino, che sarebbe stato aiutato nel disbrigo delle pratiche amministrative e tutelato da imprese concorrenti. Barile avrebbe ostacolato l’apertura di un esercizio commerciale nella zona dell’imprenditore amico.

Tra i nomi coinvolti c’è anche quello del direttore generale dell’azienda di trasporti Atm, Daniele De Almagro, che sarebbe stato favorito dalla Barrile in cambio dell’assunzione nella società di un autista, che non aveva i requisiti per svolgere il lavoro.

Tra gli indagati anche il costruttore Vincenzo Pergolizzi: la Barrile gli avrebbe fatto acquistare, grazie alla complicità del funzionario comunale Francesco Clemente, il terreno comunale dove doveva realizzare una palazzina. Il commercialista Marco Ardizzone e gli imprenditori Angelo Pernicone e Giuseppe Pernicone, titolari di una società di vigilanza che svolgeva l’attività in occasione di eventi allo stadio. In cambio di agevolazioni nelle pratiche amministrative la Barrile avrebbe ottenuto l’assegnazione a una coop che controllava della gestione dei punti di ristoro allo stadio.

“Le indagini – scrive il gip – rivelano la consuetudine della Barrile allo sfruttamento del potere di influenza che deriva dal ruolo pubblico per esercitare pressioni su dirigenti e funzionari del Comune per garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di imprenditori cittadini a lei collegati da un inquietante logica del do ut des, essenzialmente costituito con prospettiva di ritorno sia elettorale che di assunzioni di parenti vicini presso attività imprenditoriali”.

Secondo gli investigatori, la donna era il vero dominus di due coop, la Peloritana Servizi e la Universo Ambiente, che gestiva attraverso prestanomi. Grazie ad amicizie, come quella con un personaggio già coinvolto in un blitz antimafia con l’accusa di concorso in associazione mafiosa, riusciva a gestire alcuni servizi di ristorazione e di fornitura di steward per il parcheggio all’interno dello stadio cittadino.

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