Parcheggi, auto e immobili: il tesoro della famiglia Santapaola

Katya Maugeri 
INCHIESTA “IL TESORO DEI BOSS”

CATANIA – “Se ne serve in particolare quando ha paura delle indagini e non vuole comparire personalmente”. La famiglia Santapola aveva un manager di eccezione, il nipote del capomafia, Roberto Vacante. Portava avanti una sua strategia per gestire il patrimonio del clan: selezionava personalmente gli insospettabili prestanome.

Il dinamismo dell’economia mafiosa non conosce limiti, e i loro obiettivi – sempre ambiziosi – vengono raggiunti attraverso strategie ben pianificate. I settori ambiti sono quelli che non conoscono crisi, quelli che vanno al passo coi tempi e con le necessità del cittadino. Parcheggi a cielo aperto, autonoleggi, autorimesse, autolavaggi, settori che aprono le porte agli affari illeciti e sicuri dei boss catanesi.

E tutto questo “è sempre a nome di qualcun altro?”, certo. Dicono ancora i pentiti, a proposito dei prestanome: “Non sono appartenenti al clan ma potrebbero definirsi concorrenti esterni, cioè danno aiuto al clan senza farne parte”. I clan catanesi mantengono la propria abilità nell’intuire l’affare, quello necessario per imporre il monopolio territoriale. I collaboratori hanno descritto l’impero dei Santapaola-Ercolano: società, aziende frutto di investimenti e complesse operazioni finanziarie illecite spesso gestite dalle menti “imprenditoriali” dei clan, come nel caso di Roberto Vacante, il volto pulito per gli investimenti. Nipote del boss Nitto, sposato con Irene Grazia, figlia di Salvatore Santapaola deceduto a gennaio del 2003 e riciclatore delle ricchezze illecite accumulate dal defunto suocero, e arrestato dalla Squadra Mobile di Catania durante l’Operazione Bulldog per associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia dei beni.

Un tesoro prezioso, quello che ha garantito negli anni al clan – che verte sulla gestione persino di un importante parcheggio nella zona aeroportuale di “Fontanarossa”, varie intercettazioni – infatti – avrebbero permesso di cristallizzare la riconducibilità di società e immobili a Roberto Vacante, attualmente al 41bis. Un articolato  lavoro d’indagine condotto da un pool di investigatori della Questura di Catania ha individuato numerose società e aziende nonché beni immobili e mobili registrati riconducibili alla famiglia Santapaola – Ercolano, ma intestati a prestanome con benefici economici riconducibili a Vacante. Amici fidati con i quali poter progettare salti di qualità, come nel caso di Salvatore Caruso, ritenuto alter ego del genero di Santapaola. Salvatore Caruso attraverso il suo ruolo avrebbe coinvolto negli affari anche il figlio Giuseppe e il nipote Massimo. Un business basato su “rapporti privilegiati”, costruiti quasi alla luce del sole, rivelano i collaboratori.
L’impero, in parte sequestrato dalla Divisione anticrime di Catania, comprende parcheggi, autolavaggi, società di noleggio auto. È lì che ha aperto la sua prima attività la madre di Salvatore Caruso: un piccolo parcheggio con autolavaggio che negli anni è stato ampliato «con finanziamenti frutto dei capitali di Roberto Vacante. “Vacante investe i soldi della famiglia Santapaola in tutti i tipi di attività economiche per ripulire i soldi e per ottenere un ritorno economico come nel caso del grande autolavaggio e un parcheggio per auto vicino al palaghiaccio di Catania”, sono infatti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia – sommati alle conversazioni intercettate – a consolidare questa figura. Nel corso di numerose intercettazioni, infatti, venivano indicati vari “compari” di Vacante che si interessavano alla gestione delle attività, come ad esempio un’autorimessa la quale inoltre costituiva un luogo alternativo di riferimento per incontri tra gli esponenti del gruppo criminale o per definire i loro affari illeciti.

La riconducibilità delle attività – come i parcheggi a cielo aperto con autolavaggio – emerge dalle numerose  conversazioni che hanno confermato la pericolosità di Vacante e la disciplina usata per garantire continuità alle attività.

I boss sono attenti e non amano restare indietro, mai. Si adeguano ai tempi, alle mode ecco perché l’attività investigativa è anch’essa cambiata e si è affinata nel combattere la criminalità organizzata: e l’aggressione al patrimonio ne è una dimostrazione. Diventa lo strumento per smantellare quel potere che loro, i boss, credono imbattile.

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