Leggere per non morire

Leggere per non morire

di Erica Donzella
editor e scrittrice (foto di Dariusz Sankowski da Pixabay)

È una lotta continua. Ed è davvero necessario prendersi del tempo e dello spazio, in questa dimensione dove la società ci chiede di produrre anche quando non ve n’è realmente bisogno. Non si vive di solo talento, e quando il talento viene offuscato dai meccanismi performativi a qualunque costo, quello che ne deriva è un accumulo di stress e di ansia. Ci diciamo spesso di “non aver tempo”: il problema reale è che non abbiamo la forza per continuare a credere che la formazione e lo studio siano ancora un’arma a nostra disposizione. Facciamo un esempio pratico. Sei un freelance, hai trent’anni, vivi in affitto e l’unico modo per sopravvivere nel tuo settore è quello di prendere così tanto lavoro da dover programmare anche quanti sospiri puoi emettere durante una pausa sigaretta. Ti alzi presto, ti metti davanti a un dispositivo digitale e passi la tua giornata ad elaborare bit, percentuali di fatturato e a scrivere progetti che somigliano a una roulette russa. Come può venirti in mente di tornare a casa e metterti a leggere l’Odissea di Omero? Come puoi aver voglia di comprendere la differenza tra significante e significato se nel tuo frigo risuona l’eco dopo aver consumato l’ultima spesa di 15 euro fatta due settimane fa? 

Insomma, mi chiedo con quale coraggio il mondo chieda a me e alla mia generazione di continuare a formarsi (spesso da autodidatta) quando non riusciamo davvero a far quadrare i conti a fine mese. A volte non quadrano nemmeno a fine giornata. Eppure, mi ripeto, studiare è l’unica chance per farcela, ancora una volta.

Ed è anche l’unica opportunità di non-morte che possiamo garantire al nostro cervello. Bisogna fare uno sforzo titanico per comprendere che ritagliarsi almeno un’ora al giorno di studio può ancora salvarci dall’oblio della depressione e che leggere è una competenza che tutti noi abbiamo il dovere civile e umano di nutrire.

Soprattutto per chi lavora con la creazione. Cosa succede a un editor che improvvisamente si lascia scivolare nel pensiero di un lavoro fatto per il l’80% di dati di vendita di un libro che ha creato? Smette di creare, facendosi cullare da prospettive editoriali per cui il libro che ha pensato venderà poche centinaia di copie. E questo è tutto quello che non dovrebbe mai accadere dentro la testa di un editor. 

Bisogna continuare a leggere, a formarsi, a chiedersi il perché dei meccanismi che tanto critichiamo, e bisogna avere fiducia.

Poi, più di ogni altra cosa, bisogna lasciare che i bit scorrano nel loro sistema binario digitale senza la nostra supervisione perenne e inutile. Spegni il pc. Spegni il telefono. Leggi. Prendi appunti, cerca e continua a farlo fin quando non avrai trovato delle risposte, o meglio delle domande a cui rispondere. È ancora l’unica possibilità di creare qualcosa che possa servire a te e al mondo.

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