Sicilia, la regione competitivamente più debole di tutta l’Italia

 
 
 
 

| Saro Faraci |

E’ fanalino di coda fra le regioni italiane la Sicilia, quando si fa riferimento alla sua competitività economica. La graduatoria è stata pubblicata dall’Unione Europea che ha appena esitato l’ultimo rapporto contenente un aggiornamento del Regional Competitiveness Index (http://ec.europa.eu/regional_policy/en/information/maps/regional_competitiveness), l’indicatore sul grado di attrattività e di sostenibilità dell’economia delle regioni europee tanto per i residenti quanto per i potenziali investitori. Il dato di per sé non fa notizia, se si considera che l’isola vanta ancora altri primati alla riversa quando si parla, ad esempio, di sviluppo delle imprese, di internazionalizzazione dell’economia oppure di lavoro (è dell’altro ieri la polemica fra CGIL e Istat sulla non rappresentatività del dato nazionale relativo alla disoccupazione).

E’ allarmante invece la costatazione che la distanza fra la Sicilia e la media europea di quell’indice di competitività sia abissale: ha un valore di 55 per l’Europa e appena di 15 per la Sicilia. Bisognerebbe scomporre quell’indicatore nei vari sotto-indici che lo formano per capire meglio dove il ritardo della Sicilia sia strutturale, e quindi non facilmente colmabile, e dove invece tale gap sia più contingente e transitorio.Ma non stiamo parlando di un campionato di calcio a squadre che vale una stagione; qui entrano in gioco misurazioni più complesse. Ad esempio, ben cinquanta punti separano la Sicilia dall’Europa quando si confronta la sua efficienza del mercato del lavoro (10) con la media continentale (60). A concorrere al tristissimo primato della Sicilia su questo versante contribuiscono il livello di disoccupazione e di disoccupazione giovanile, lo squilibrio in favore degli uomini a discapito delle donne per livello d’impiego, la bassa produttività del lavoro, e naturalmente la forte presenza di NEET ovvero di giovani che né studiano né lavorano. Risalire la china su questo versante non sarà facile, sicuramente non è possibile a breve termine.

Trenta punti invece è il distacco della Sicilia dalla media europea quando il termine di paragone è il livello delle infrastrutture. Qui entrano in giocoi modesti livelli di accessibilità di strade, autostrade e ferrovie nonché dei nostri aeroporti; pesa inoltre sul sotto-indicatore l’assenza dell’alta velocità ferroviaria. E meno male che l’Unione Europea si è limitata a fotografare soltanto l’esistente, senza prendere in considerazione tutti i ritardi nella costruzione di nuove infrastrutture, perché altrimenti la posizione in graduatoria sarebbe stata peggiore. Non è tanto la marginalità geografica a penalizzare la Sicilia, quanto il disastroso stato delle sue infrastrutture interne.

Un altro forte distacco fra la media europea e il dato regionale si registra quando si analizza il dato sull’innovazione: 17 per la Sicilia, 44 per l’Europea. In questo caso, i fattori determinanti la debolissima performance sono rinvenibili nel ridotto numero di brevetti ed invenzioni soprattutto nei campi delle scienze della vita e delle biotecnologie; nella modesta quantità di pubblicazioni scientifiche di rango elevato; nel basso livello di spese e di occupazione delle imprese nella ricerca e sviluppo; pesa altresì la ridotta esportazione all’estero di prodotti hi-tech realizzati da imprese isolane. Se imprese e istituzioni della ricerca facessero meglio i compiti per casa, su questo versante la Sicilia potrebbe scalare posizioni in classifica, perché comunque un elevato potenziale di innovazione, creatività ed intelligenze esiste, ma non si esprime ancora pienamente come dovrebbe.

Ci fermiamo qui, per il momento, per non scoraggiarci più del dovuto. L’unico indicatore dove la Sicilia registra un punteggio superiore (83) alla media europea (76) è quello relativo alla salute, solo perché si considerano parametri di aspettative di vita e di mortalità per cause varie dove la nostra regione sta meglio delle altre. Ma è la consolazione del povero. In Sicilia viviamo di più rispetto agli altri europei ma in povertà e disoccupazione; inoltre le condizioni economiche, tecnologiche ed infrastrutturali sono di assoluta arretratezza. Però c’è chi va in tv ogni domenica da Giletti a propagandare che la nostra regione ha voltato pagina da qualche anno. Di quale pagina e di quale libro si stia parlando però non lo sapremo mai!

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