La giornata della legalità ovvero degli eroi antimafia


 
 
 

Il 23 maggio è la giornata della legalità. Edulcorazione di una più calzante intitolazione che avrebbe dovuto essere “agli eroi antimafia”. Ventisei anni fa, infatti, dopo una lunga scia punteggiata di morti ammazzati con la toga e la divisa, ci fu “l’attentatuni” che fece aprire gli occhi, anche ai più scettici e accomodanti rispetto alla verità svelata che la mafia, quando si sente minacciata o incalzata, ammazza, senza se e senza ma.
La società civile e le istituzioni, invece, quando si parla di contrasto alla criminalità organizzata, ad usare il termine “eroi” hanno sempre una incomprensibile resistenza. Forse perché nell’era moderna, eroe è colui che compie atti di coraggio, che possano comportare il proprio sacrificio, per proteggere il bene altri o comune; e poiché ciò rompe lo schema imperante di una appagante mediocrità, è bene non esagerare con gli apprezzamenti ed i riconoscimenti.
Meglio “servitori dello Stato”, oppure “caduti nell’adempimento del dovere”, oppure ancora “fulgido esempio”, “stella polare” et similia.
Anche perché il termine eroe, oltre a richiamare alla memoria “valori del passato, “incompatibili con una società buonista, ultra civilizzata, strapacifista, friendly “de nuantri”, evoca l’aforisma di Bertolt Brecht  “sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, e noi , grazie a Dio, in fatto di sventure non ci facciamo mancare niente. In compenso, senza indagini preventive sul “curriculum vitae” e non certamente “studio rum”, notoriamente inesistente, abbiamo permesso la creazione di falsi miti e l’apoteosi di falsi paladini dell’antimafia, che, sulle altrui sventure, le vere vittime di mafia, hanno costruito le proprie fortune e la loro falsa immagine pubblica.
Questo castello di menzogne e mistificazioni si sta incominciando a sgretolare, anche se nessuno si accorge che dietro le autosospensioni (fattispecie inesistente) e dietro l’inerzia degli organi di Confindustria (“non saremo giustizialisti”), che avrebbero invece l’obbligo, dal 28 gennaio del 2010 in poi, di sospendere immediatamente Montante&co.,vi è la pervicacia del “boia chi molla”,con tutti gli annessi e i connessi.
Speriamo che a noi Siciliani serva da lezione; prima di osannare nuovi paladini, in qualunque campo, ricordiamoci di valutare chi sono, cosa hanno fatto, cosa fanno e cosa sanno fare questi aspiranti eroi, così da poter subito bloccare il “cunta storie”, che metteva in scena e dava la voce alla narrazione dei Paladini, con lo sferzante ed inappellabile” grossa è Don Angelo.

Alfio Franco Vinci

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