Terme di Acireale rimandate a settembre per un braccio di ferro fra politica e burocrazia

Terme di Acireale rimandate a settembre per un braccio di ferro fra politica e burocrazia

di Saro Faraci

ACIREALE – Si fa sempre più misteriosa la vicenda relativa al futuro delle Terme di Acireale, nonostante in città ci siano alcuni fedelissimi del governo regionale, vicini politicamente alle posizioni dell’assessore Gaetano Armao, che invitano all’ottimismo e annunciano di continuo sui social imminenti novità che puntualmente poi non arrivano. In realtà, il bicchiere è mezzo vuoto o forse addirittura non c’è più nemmeno il bicchiere; ma gli irriducibili ottimisti lo vedono sempre mezzo pieno con gli occhi dolci degli innamorati.

La situazione è complicata, questa è la notizia. E si è complicata ancor di più dopo che anche la seconda asta, promossa il 5 luglio dai liquidatori dinanzi al notaio Francesco Grassi Bertazzi, è andata deserta. In quella sede, la Regione Siciliana avrebbe dovuto presentarsi con un assegno da tredici milioni di euro e formalizzare così la propria offerta per l’acquisto di due importanti cespiti immobiliari da riunificare al resto del patrimonio delle Terme, ovvero l’ex albergo Excelsior Palace (chiuso dal 2011) e il centro polifunzionale mai inaugurato, per ben due volte sotto la lente di ingrandimento di “Striscia la notizia”, da diversi anni concesso in comodato d’uso ad associazioni e movimenti di volontariato.

Gli esiti di quell’asta erano importanti per il futuro delle Terme. Si trattava infatti della seconda asta, nel breve volgere di qualche settimana (la prima era del 19 giugno), promossa dai liquidatori in virtù della sospensione di un anno della procedura giudiziale ordinaria che, a sua volta, su disposizione del Tribunale di Catania, aveva già provato a vendere all’incanto per ben due volte nel 2018 i cespiti immobiliari delle Terme ma senza alcun esito positivo, perché nessuna offerta era mai pervenuta né dal soggetto pubblico né dai privati.

Adesso il Tribunale di Catania, cui è ritornata la palla, ha aggiornato l’udienza a fine settembre e per quella data si spera di poter esperire una procedura negoziale diretta che consenta alla Regione Siciliana, al cospetto dei principali creditori delle Terme,  di formalizzare la propria offerta e aggiudicarsi finalmente i beni. Finora i creditori – tra i quali il fondo Cerberus, la SOGIP partecipata dal Comune di Acireale e Riscossione Sicilia – sono stati molto pazienti di fronte al tergiversare della Regione Siciliana che è sempre pronta a ricomprare l’ex albergo e il centro polifunzionale per la somma pattuita di 13 milioni di euro, ma che all’atto di formalizzare l’offerta tira sempre fuori un cavillo dietro l’altro.

A dispetto degli irriducibili ottimisti di Acireale che rilanciano di continuo in città le buone notizie, la situazione delle Terme è veramente ingarbugliata e rischia di generare un lunghissimo braccio di ferro fra la politica e la burocrazia, cioè tra il governo regionale di Nello Musumeci e i superburocrati dell’Assessorato all’Economia. Del resto, è sufficiente leggere gli allegati alla delibera di giunta del 13 giugno scorso per rendersi conto che gli orientamenti della politica e quelli dell’amministrazione regionale non sono assolutamente in linea.

Da un lato, il governo regionale ha ribadito la volontà di procedere all’acquisto dei due cespiti immobiliari che permetterebbe la riunificazione in mano pubblica dell’intero patrimonio delle Terme. Nella sua determinazione, il governo regionale ha le spalle protette dalla previsione normativa dell’articolo 2 della legge regionale 29 settembre 2016 n.20 e dalla connessa spesa approvata per complessivo 18,9 milioni di euro in favore delle Terme di Sciacca e di Acireale.

Dall’altro lato, c’è la folta schiera dei burocrati che, sebbene compulsati dalla politica e dai relativi atti deliberativi, rinviano sine die la spesa dei 13 milioni di euro, chiedendo ogni volta al governo regionale atti giustificativi più probanti, come ad esempio la indicazione di un piano regionale per il rilancio del settore termale – che comunque l’assessore Armao ha inserito nel recente DPEF – oppure la previsione di un piano economico-finanziario dei ritorni dall’investimento che la Regione effettuerebbe per acquistare i due immobili. Come a voler dire, approviamo la spesa dei 13 milioni grazie ad un mutuo contratto con la Cassa Depositi e Prestiti, ma il governo regionale ci dica come pagare strada facendo le rate di mutuo, altrimenti saremo punto e a capo.

Il braccio di ferro non si risolverà facilmente. Ogni volta che si annuncia il riacquisto dei due beni, la burocrazia regionale tira fuori un cavillo per postergare la decisione di spesa, evidentemente preoccupata anche dalle possibili “bacchettate” della Corte dei Conti. Tuttavia, è la “ratio politica” della legge n.20 del 2016 che la dirigenza regionale vuole contestare: quel provvedimento, votato in aula trasversalmente da quasi tutte le forze politiche durante il governo Crocetta, mai impugnato dalla Corte dei Conti, è nato, su idea dell’ex assessore Alessandro Baccei, proprio con l’intento di mettere una pezza a tutte le incongruenze generate da molti anni di liquidazione delle Terme di Acireale e di Sciacca, come era nelle previsioni della legge regionale n.11 del 12 maggio 2010. Durante gli anni di liquidazione, mentre stabilimenti termali e altri immobili cadevano a pezzi per via di atti di vandalismo, dell’incuria, di assenza di manutenzione e vigilanza, i dirigenti regionali dell’assessorato all’Economia non autorizzavano nemmeno un euro di spesa per consentire ai liquidatori di mantenere in condizioni decenti il patrimonio, evitandone il depauperamento. Poi è intervenuta la legge del 2016, dalla cui approvazione sono passati quasi tre anni col rischio di veder vanificato ogni sforzo di salvare le Terme. Adesso che si potrebbe esser vicini alla soluzione del problema, la burocrazia regionale chiede alla politica di giustificare la spesa, invitandola a presentare un piano finanziario per valutare i possibili ritorni dell’investimento di 13 milioni.

Procedendo di questo passo, è difficile che si arrivi ad una ragionevole composizione della faccenda. Il governo regionale, d’altro canto, ha altre priorità in questo momento di difficoltà economica per la Sicilia; dunque la burocrazia ha tutto il tempo per scartabellare le pratiche e trovare ogni volta nuovi cavilli tecnici o giuridici al fine di postergare all’infinito la decisione. In questa situazione di stallo, è una intera città che viene mortificata, cioè Acireale. In questo quadro così nebuloso dal punto di vista procedurale, nemmeno l’idea di riaprire provvisoriamente il Parco delle Terme di Santa Venera può essere presa in considerazione. Figuriamoci se i burocrati la approveranno mai!

Intanto, il governo regionale ha provveduto a rinnovare il collegio dei liquidatori. Rimangono in carica i commercialisti Francesco Petralia e Antonino Oliva, mentre nel collegio entra la dirigente non generale Alessia Trombino, capo della segreteria particolare del Presidente Nello Musumeci. Il compito dei liquidatori adesso è veramente difficile, stretti come sono tra l’incudine e il martello, fra la volontà della politica regionale di chiudere la faccenda e provare a ripartire e l’atteggiamento intransigente dei burocrati che chiedono pezze giustificative per ogni spesa programmata.

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